Alitalia, a rischio 240 contratti Per Tirrenia in bilico 1400 posti C’erano una volta i Trasporti di Stato. Nell’età dell’oro dell’Iri e delle Partecipazioni statali, le navi di Fincantieri, i traghetti di Tirrenia e gli aerei di Alitalia, sotto l’egida del Tesoro, davano lavoro in tutto ad almeno 75 mila persone. Dopo la stagione delle privatizzazioni, spezzatini, bad and good company e immancabili esuberi, oggi di quei posti se ne contano a malapena 20 mila.
In poco più di vent’anni, tra enormi sprechi di denaro pubblico, stipendi d’oro ai manager ed ex politici, contratti di lavoro da favola ai super consulenti e perdite gigantesche, le cicale del capitalismo di Stato hanno aiutato non poco ad affondare le ex corazzate della cantieristica, del traporto aereo e marittimo. «Certo l’economia ha cambiato pelle più volte tra crisi, cali della domanda e recessione - spiega Franco Nasso, segretario generale della Filt Cgil - ma politica e industria pubblica hanno avuto un costo non secondario». All’inizio degli anni Novanta, nel “meraviglioso mondo” delle Partecipazioni Statali si contavano quasi 10 mila poltrone (9.899 secondo l’annuario 91-92, edito dall’Adg) fra presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati, consiglieri, sindaci, direttori dell’industria pubblica.
Oggi, secondo i sindacati, una parte di quel conto salatissimo della politica lo stanno pagando i lavoratori. Per Fincantieri sono a rischio 2.551 posti su 8.550 (a inizio anni Sessanta i dipendenti erano 50mila, più 150 mila di indotto). Per Alitalia la cura dimagrante imposta dal presidente Roberto Colaninno e dall’ad Rocco Sabelli, è quasi ultimata. Fino al 1997, i dipendenti erano circa 20 mila, ora con la privatizzazione e la fusione di Alitalia e AirOne si è scesi a circa 12.800 (di cui circa 11.500 della compagnia di bandiera e gli altri di AirOne). Lo scorso marzo Alitalia e i sindacati hanno firmato un’intesa che prevede la cassa integrazione straordinaria volontaria fino a 700 dipendenti (personale di terra ed equipaggi).
Ora i sindacati temono che in autunno Alitalia decida di non rinnovare una parte dei 240 contratti a tempo determinato, che comprende un’ottantina di piloti e quasi 160 assistenti di volo. «Tra settembre e novembre - spiegano fonti sindacali - potrebbero essere dismessi in anticipo 8 aerei di vecchia generazione, Md 80 e Boeing 767. Ciò potrebbe portare al mancato rinnovo di molti contratti a termine». Proprio per difendere questi contratti, i dipartimenti piloti di Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl Trasporti hanno indetto uno sciopero il 27 giugno dalle 12 alle 16 su tutte le basi del territorio nazionale. Alitalia ammette che sui contratti a termine «dipenderà dalle ciclicità stagionali e dall’entrata in funzione dei nuovi aerei». Ma la compagnia precisa che «tra settembre 2011 e settembre 2012 la flotta si rafforzerà con l’entrata in funzione di 20 aerei Embraer e 8 Airbus (A319 e/o A320, ndr ) e 5 Airbus A330». Alitalia spiega poi che«in base all’accordo del 4 marzo sta assumendo piloti e assistenti di volo a tempo indeterminato e che pertanto non comprende le ragioni dello sciopero».
In poco più di vent’anni, tra enormi sprechi di denaro pubblico, stipendi d’oro ai manager ed ex politici, contratti di lavoro da favola ai super consulenti e perdite gigantesche, le cicale del capitalismo di Stato hanno aiutato non poco ad affondare le ex corazzate della cantieristica, del traporto aereo e marittimo. «Certo l’economia ha cambiato pelle più volte tra crisi, cali della domanda e recessione - spiega Franco Nasso, segretario generale della Filt Cgil - ma politica e industria pubblica hanno avuto un costo non secondario». All’inizio degli anni Novanta, nel “meraviglioso mondo” delle Partecipazioni Statali si contavano quasi 10 mila poltrone (9.899 secondo l’annuario 91-92, edito dall’Adg) fra presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati, consiglieri, sindaci, direttori dell’industria pubblica.
Oggi, secondo i sindacati, una parte di quel conto salatissimo della politica lo stanno pagando i lavoratori. Per Fincantieri sono a rischio 2.551 posti su 8.550 (a inizio anni Sessanta i dipendenti erano 50mila, più 150 mila di indotto). Per Alitalia la cura dimagrante imposta dal presidente Roberto Colaninno e dall’ad Rocco Sabelli, è quasi ultimata. Fino al 1997, i dipendenti erano circa 20 mila, ora con la privatizzazione e la fusione di Alitalia e AirOne si è scesi a circa 12.800 (di cui circa 11.500 della compagnia di bandiera e gli altri di AirOne). Lo scorso marzo Alitalia e i sindacati hanno firmato un’intesa che prevede la cassa integrazione straordinaria volontaria fino a 700 dipendenti (personale di terra ed equipaggi).
Ora i sindacati temono che in autunno Alitalia decida di non rinnovare una parte dei 240 contratti a tempo determinato, che comprende un’ottantina di piloti e quasi 160 assistenti di volo. «Tra settembre e novembre - spiegano fonti sindacali - potrebbero essere dismessi in anticipo 8 aerei di vecchia generazione, Md 80 e Boeing 767. Ciò potrebbe portare al mancato rinnovo di molti contratti a termine». Proprio per difendere questi contratti, i dipartimenti piloti di Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl Trasporti hanno indetto uno sciopero il 27 giugno dalle 12 alle 16 su tutte le basi del territorio nazionale. Alitalia ammette che sui contratti a termine «dipenderà dalle ciclicità stagionali e dall’entrata in funzione dei nuovi aerei». Ma la compagnia precisa che «tra settembre 2011 e settembre 2012 la flotta si rafforzerà con l’entrata in funzione di 20 aerei Embraer e 8 Airbus (A319 e/o A320, ndr ) e 5 Airbus A330». Alitalia spiega poi che«in base all’accordo del 4 marzo sta assumendo piloti e assistenti di volo a tempo indeterminato e che pertanto non comprende le ragioni dello sciopero».
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